domenica 24 ottobre 2010

Gli Uomini di Dio

Un commento di Enzo Bianchi al film di Xavier Beauvois sui monaci di Tibhirine

 

Oggi, in una società in cui dimensioni come il silenzio, l'interiorità, la discrezione, la condivisione, l'obbedienza a istanze etiche, la ricerca della pace e della solidarietà paiono ignorate se non addirittura irrise, la semplice vita quotidiana di un pugno di uomini può destare nei cuori di chi li incontra - anche solo attraverso lo strumento della finzione cinematografica - una spontanea «simpatia», può richiamare alla memoria desideri sopiti, aneliti a una vita più umana e pacata. Nel devastante dominio dell'apparire, della ricerca ossessiva dell'interesse personale a scapito degli altri e della collettività, della soddisfazione degli impulsi più incontrollati può suonare come una salutare boccata d'aria fresca la semplice testimonianza di chi liberamente decide di tener conto degli altri nel proprio comportamento, di chi accetta di condividere i doni - materiali come intellettuali e spirituali - che possiede, di chi affronta la sofferenza, il dolore e la morte come parti integranti di una vita che vale la pena di essere vissuta.

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