giovedì 31 gennaio 2013

La cultura dei pochi


Viviamo in un Paese in cui il 5 per cento della popolazione adulta (dai 14 anni in su) legge da solo quasi il 50 per cento dei libri acquistati. Abbiamo cioè un'infrastruttura culturale ottocentesca, un elitarismo ridicolo, ma esigiamo la democrazia dei consumi e il welfare del terzo millennio.


In realtà, se su questi temi si tossicchia, si deglutisce e poi, all'atto pratico, si procede a qualche ulteriore taglietto (tanto quelli protestano comunque...) è perché non si riesce a capire di che cosa si stia in effetti parlando. Non si riesce a vedere il nesso tra una scuola rabberciata, una formazione professionale spregiata, un'università sgangherata, tassi di lettura desolanti e la loro logica conseguenza, cioè una bassa, bassissima produttività.

 

lunedì 28 gennaio 2013

Gli estremismi

 La crisi economica, dall'Ungheria alla Grecia, dalla Finlandia agli stessi Stati Uniti, lascia nella disperazione chi perde lavoro e benessere, seminando risentimento razziale, cinismo, basi ideali per destra estremista e sinistra populista. Governare sarà difficile. 

giovedì 17 gennaio 2013

Continuare a vivere

Senza bambine ma con tutti i bambini del mondo. Irina li rincorre giocando nei villaggi sperduti dell'India, li conquista con il suo inglese perfetto nelle scuole dell'Indonesia, li incanta quando racconta favole ovunque sia, immagina la loro meraviglia mentre aiuta gli ideatori di un film animato in Spagna. E cerca quelli scomparsi con la sua Fondazione svizzera.

Con i bambini nel cuore ma senza Alessia e Livia da due anni, ormai. Eppure «le mie gemelline sono sempre rimaste qui, accanto a me. Ce le ho negli occhi, sulla pelle...» dice lei. Sorridono e giocano in una cameretta immaginaria che prende forma nella luce bassa del Victoria Hotel, a Losanna. Sembra di vederle mentre Irina dice che «trasmettono la vitalità che soltanto i bambini sanno come e dove trovare».

Il 30 gennaio di due anni fa Matthias, suo marito, sparì da Saint-Sulpice assieme alle bimbe per non tornare mai più. Avevano sei anni, erano felici, rientrando avrebbero trovato la sorpresa di due gattini. Quattro giorni dopo Matthias si lasciò investire da un Eurostar alla stazione di Cerignola (Foggia) e nemmeno davanti alla morte ebbe un sussulto di pietà: la donna che lo aveva fatto soffrire perché non lo amava più non meritava di sapere dov'erano finite le loro gemelline. Le lasciò soltanto un messaggio, agghiacciante: «Le bambine riposano in pace, non hanno sofferto... Non le rivedrai mai più».

Irina quasi si nasconde nell'angolo del divano. «Ho passato anni con quest'uomo senza conoscerlo, questa è la verità». Anni in una casa di Saint-Sulpice che adesso fa male anche solo guardare da lontano. «Non ci passo mai davanti, dovrei venderla ma per le questioni legate all'eredità prima si dovrebbe dichiarare la morte di Alessia e Livia e non sono ancora pronta. A dire il vero non so se sarò mai pronta... In questi due anni ho vissuto senza vivere, un po' come nei sogni quando cammini ma non ti muovi di un passo».

Sorride dolcemente fissando il tappeto. Alessia e Livia adesso giocano per terra, nella stanzetta immaginaria. Lei, dopo i primi mesi, dopo il dolore intollerabile dell'assenza, dopo i giorni e le notti lacerate dai ricordi, ha deciso che era tempo di «provare a staccare», per dirla con le sue parole. «Avevo bisogno di andare in un posto dove io ero Irina e non la storia che mi porto addosso». Così ha messo in una sacca qualche maglietta e due blu jeans ed è partita per l'Asia. Indonesia, poi India e poi Hong Kong. «Mi sono detta: sto via finché ne ho voglia, e sono tornata dopo mesi».

Lontano dai luoghi della sua storia nera, lontano dal lavoro nello staff legale della Philip Morris («Ho provato a riprendere ma è durata poche settimane, non tornerò mai più a quel lavoro»). Dall'altra parte del mondo a navigare a vista con un desiderio arrivato per caso e coltivato ogni giorno: stare con i bambini. «Non ho certo fatto la turista» premette un'Irina illuminata dai pensieri di quei giorni. «L'Asia mi ha fatto bene e mi hanno fatto bene i sorrisi splendenti dei tanti bimbi che ho conosciuto». A Yogyakarta, per esempio (sull'isola di Giava). «Ho dormito nei villaggi con le famiglie, andavo nelle scuole a insegnare un po' di inglese agli studenti e loro mi seguivano per le strade, nei musei. Volevano imparare, capire. È stato bellissimo. La prima volta che ho visto una classe di bambini a piedi nudi ricordo che ho pensato a Matthias. I miei pensieri gli hanno detto: quanto sei stato stronzo. Guarda questi bimbi, hanno i sorrisi fino alle orecchie e sono felici eppure non hanno niente e invece tu avevi tutto e l'hai buttato via senza un motivo ed eri ricco, nel Paese più ricco del mondo».

Nel «Paese più ricco del mondo» non c'era una Fondazione che cercasse i bambini scomparsi. Adesso c'è la sede svizzera di Missing Children e l'ha messa in piedi Irina con un gruppo di amici. Che felicità sapere che anche grazie a loro è stata ritrovata sana e salva una bimba scomparsa con la mamma che l'aveva rapita. Una storia che somiglia a una favola, proprio come il film d'animazione che altri amici stanno finendo di montare in Spagna (Irina cura la parte legale). Parla di un bambino che vuole diventare cavaliere e sarà fra i film del prossimo festival di Cannes. Lei ne racconta un pezzo a voce bassa, come si fa con i bimbi per farli addormentare. Chissà, forse Alessia e Livia adesso dormono nella loro cameretta immaginaria...

 

martedì 15 gennaio 2013

Perchè adattarsi?

Ricominci a pettinare le bambole. Il Bersani presidenziale, in gessato e ingessato, ha perso simpatia senza guadagnare carisma. Smaltita l'emozione delle primarie, il partito strafavorito sta iniziando a rinculare nei sondaggi. Servirebbero Renzi e il pullman dell'Ulivo: qualcuno o qualcosa che parli ai cuori e alle pance. Lei, Bersani, è un politico del Novecento (lo dico a suo merito), più credibile come amministratore pubblico che come seduttore appassionato. Il suo problema è che non dà mai un titolo. Invece le campagne vivono di slogan, messaggi semplici, frasi a effetto. «L'Italia giusta», col suo sorriso ammainato accanto, ha invaso le città come un preludio di quaresima: non ne parla nessuno, nemmeno per dirne male. Le sue interviste grondano buon senso e competenza, ma non contengono una sola idea concreta facilmente afferrabile. Lei non sta dettando l'agenda di queste elezioni. Va sui giornali con argomenti di politichese - l'accordo con Monti, la desistenza con Ingroia - o espressioni vaghe («confermeremo l'austerità, accompagnandola con intelligenti politiche di crescita») che rassicurano i mercati, non le famiglie con due disoccupati in casa. Spezzi il tran tran del vincitore designato, organizzi eventi che attirino l'attenzione. Ma cosa aspetta a coccolare lo spirito anticasta degli elettori, proponendo come primo atto del nuovo governo il dimezzamento del numero dei parlamentari e dei consiglieri locali?  

 

Se non cambia rotta vincerà comunque, ma rischia di vincere male e per poco. Peccato, perché fra quelli in gara probabilmente è il migliore. 

 

sabato 5 gennaio 2013

Lo spazio virtuale violato

 C'è una paura sottovalutata con la quale si fanno i conti all'improvviso. I ladri in casa, per esempio. È toccato a noi, e devo dire che non è stata una bella sorpresa. Tornavamo inaspettatamente dal mare, dove un guasto al riscaldamento ci aveva costretti a dormire all'addiaccio.


Scaricati i bagagli e aperta la porta di casa regolarmente chiusa con le chiavi di sicurezza, mi sono trovata davanti a ciò che resta dopo il passaggio di uno tsunami: carte ovunque nel mio studio, «gioielli», si fa per dire, sparsi in camera da letto. La prima reazione è di spaesamento: come, quando, perché è stato invaso il luogo più intimo e privato della nostra vita? Chi viola il perimetro di un'abitazione aggredisce una estensione dello spazio corporeo dei suoi abitanti privandoli di sicurezza, di fiducia nel prossimo, di padronanza di sé. La peggiore delle minacce, quella senza volto, rende il mondo circostante pericoloso e priva la realtà della consueta familiarità.


Se i ladri, due spericolati acrobati, hanno potuto entrare così facilmente scalando la parete dell'edificio sino a raggiungere piani relativamente alti, significa che l'Uomo Ragno esiste veramente e abita qui. Da una prima ricognizione il danno non è ingente ma l'ansia, che non ha prezzo, dilaga nello spazio e nel tempo facendoci sentire particolarmente fragili e inermi. Chiedo perciò ai carabinieri, intervenuti con prontezza e cortesia: «Che cosa possiamo fare per evitare che il fatto si ripeta?». La risposta è sconsolante: «Mettere le sbarre a tutte le finestre». Ma allora, come dice argutamente la mia vicina di casa e compagna di sventura: «In carcere ci vanno le vittime mentre i colpevoli rimangono liberi?».


Quello che è un episodio di vita quotidiana, espande il suo alone emotivo, fatto di commiserazione, di solidarietà, di paura e di rimpianto per tempi migliori, nel microcosmo del nostro quartiere, che in questi giorni si sente particolarmente preso di mira dai topi d'appartamento. Tante storie confluiscono infine nel clima emotivo della città, della regione, dell'intero Paese. Le statistiche sono eloquenti, ma non riescono a comunicare lo stato d'animo che si sottende ai numeri. I reati, impuniti nel 90% dei casi, suscitano una sfiducia nella giustizia, un senso di solitudine e di abbandono che rende ancor più vulnerabili le probabili vittime.


Scompaiono, con la refurtiva grande o piccola che sia, valori impalpabili come i ricordi, le speranze, gli affetti. Tra beni sottratti ad alcuni conoscenti vi sono i risparmi accumulati da un ragazzo che ha dato lezioni private per pagarsi un viaggio all'estero e, per fortuna, non è stata rubata una tesi di dottorato conservata nella memoria di un computer portatile. Ma ogni cosa risulta esposta al furto, a un colpo di mano che colpisce a caso, talora in modo crudele, immotivato, insensato, inutile. Vi è chi sarebbe disposto a ricomprare oggetti che hanno un valore affettivo solo per lui, per la sua famiglia, ma tutto si disperde nei rigagnoli della ricettazione che circola nelle vene avvelenate della città.


Gli anziani si sentono le vittime designate dei corvi che svolazzano sulla loro testa, pronti a scipparli, rapinarli, ingannarli, truffarli. Pochi, come la grande italianista Maria Corti - che scrisse una lettera al Corriere della Sera per raccontare la sua disavventura - hanno il coraggio di denunciare i raggiri subiti, forme di sopraffazione che, se anche non feriscono il corpo, provocano lividi incurabili nell'anima. Spesso la paura fluttuante, impalpabile, diffusa è stata strumentalizzata dalla propaganda politica che ha rinfocolato l'ansia dei cittadini senza fornire risposte credibili, soluzioni pratiche ed efficaci. Ma i mutamenti, che tutte le elezioni annunciano, stanno creando un clima di attesa, la speranza che si possa vivere in pace, senza guardare il prossimo con sospetto e il mondo con timore.

giovedì 3 gennaio 2013

Giustizia(égalité) è fatta

In effetti, Depardieu non avrebbe più nessun bisogno di tagliare la corda. Il Consiglio costituzionale francese ha infatti colpito e affondato la legge che alzava al 75% l'aliquota per chi guadagna più di un milione di euro l'anno, giudicandola contraria ai sacri principi dell'égalité. 


Ma di quale égalité stiamo parlando?

Si perchè c'è l'égalité dei poveri, quella dei ceti medi, dei clochard e quella dei ricchi.

Tante égalité a cui appellarsi per sentirsi in pieno nella follia del nostro secolo e della nostra cultura,

sempre più arroccata su inutili ed erronei privilegi.