Da giovane studiai per ostentazione.
Poi, un poco, per istruirmi.
Ora per divertirmi.
Mai, però, per guadagno
( Montaigne, l'illustre pensatore e moralista francese del Cinquecento)
Aristotele, al quale Diogene Laerzio (III secolo a. C.), nelle sue Vite dei filosofi, mette in bocca questa affermazione:
«Lo studio è la migliore previdenza per la vecchiaia».
Certo, lo studio autentico fiorisce da passione e spesso diventa una sorta di divertimento, anzi una festa.
Si aprono orizzonti, ci si scrosta di dosso l'ignoranza,
si fa godere lo spirito nella bellezza,
il cuore freme nella ricerca,
la mente si esalta nella scoperta della verità.
È probabile, tuttavia, che sia in agguato anche un po' di ostentazione, come suggerisce Montaigne; ma, tutto sommato, è meglio mostrare questo aspetto di "saccenza" che offrire in modo arrogante stupidità e volgarità, banalità e vanità.
Certo, non dev'essere l'unico scopo dello studio
. Spesso ci si lamenta a ragione che la scuola non prepari e attrezzi il ragazzo per la vita.
Un altro sapiente antico come Seneca aveva, infatti, coniato un detto amaro:
Non vitae sed scholae discimus,
«impariamo per la scuola, non per la vita».
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