martedì 19 febbraio 2013

Parigi, la corsa a sindaco è fra donne. Ma chi sarà la più “bobo”?

 

L'anno prossimo Parigi avrà un nuovo sindaco, anzi una nuova sindaca perché sarà sicuramente una donna. Ma la vera domanda che si pone l'opinione pubblica è se la prima cittadina sarà «bobo» e, se sì, quanto. 

 

Torna di estrema attualità la definizione di «bobo», ormai più una categoria dello spirito che sociologica. Definirla con precisione è difficile, però se dici «bobo» tutti capiscono di che parli. Il termine, si sa, è la contrazione di «bourgeois bohème», borghesi bohèmien, e fu inventato nel 2000 da David Brooks, editorialista del «New York Times», nel suo fondamentale saggio «Bobos in paradise». Da allora la categoria esiste e resiste, ma con qualche aggiornamento storico e geografico.  

 

Diciamo allora che il vero bobo parigino è una persona con un titolo di studio superiore alla media, come il suo reddito. Lavora di preferenza nel marketing, nella moda, nella comunicazione, nei media o nelle nuove tecnologie. Ama Internet, l'hi-tech, il satellite e i prodotti bio. Vive in un loft o in un ex spazio industriale riadattato, arredato con un misto di mobili di design e altri comprati dal robivecchi (il biliardino è molto bobo). I veri quartieri bobo sono il decimo e l'undicesimo arrondissement, la zona intorno alla Bastiglia, un tempo popolare o addirittura proletaria e oggi diventata il «boboland», ovviamente «très branché», insomma molto di moda. Se è un bobo gay, invece, preferisce il Marais, terzo e quarto arrondissiment.  

 

Il bobo e la bobo hanno dei figli, dei baby bobo che giocano con giocattoli educativi di legno comprati nelle boutique del commercio equo e solidale. Si spostano con il Velib', la bicicletta pubblica, passeggiano la domenica lungo il canal Saint-Martin, vanno in vacanza in Croazia o nelle isole greche, non perdono le mostre segnalate da «Le Monde» o «Libération», amano le «musiche del mondo», il cinema non commerciale, i libri di Naomi Klein, sono favorevoli al matrimonio per tutti e votano socialista o verde. Insomma, come spiega il sociologo Eric Agrikoliansky, «sono gli eredi della "gauche caviar" degli Anni Ottanta, ma meno tentati dalle uova di storione che dal biologico...». E soprattutto saranno decisivi per decidere chi sarà la prossima sindachessa. 

 

Ora, a sinistra la candidata c'è già. E' la socialista Anne Hidalgo, prima vice del sindaco uscente Bertrand Delanoë. Non è una bobo al cento per cento (troppo self-made-woman), però può funzionare. A destra se la giocano via primarie Rachida Dati (per nulla bobo) e Natalie Kosciusko-Morizet, che con ogni probabilità la spunterà. 

 

E qui si apre la discussione su quanto NKM (diventare la sigla di sé stessi è, in Francia, il massimo del riconoscimento pubblico) sia bobo. «Fra egeria "aristo" (aristocratica, ndr) e amazzone "écolo" (ecologista, ri-ndr)», come la definisce l'Huffington Post francese, il percorso di NKM è in effetti atipico. Altissima, pallidissima, elegantissima, discende da una famiglia nobile di lontane origine polacche ma è sindaca di Lonjumeau, nella banlieue di Parigi. E' stata la portavoce di Nicolas Sarkozy nella sua vittoriosa campagna del 2007 e poi una ministra dell'Ecologia quasi più verde dei verdi. Soprattutto, nel 2005 posò incinta per «Paris Match» in una posa che da allora la perseguita: sdraiata sull'erba, con un'arpa accanto e un vestito di mussolina bianca. Come dire: super-iper-maxi bobo.  

 

Il problema è che l'Ump, il suo partito, ha fatto dei bobo il grande spauracchio: una minoranza snob e radical chic, mentre l'Ump si vuole espressione della Francia sana e profonda, «la Francia che si alza presto», per dirla con Sarkò. Lo stesso Sarkò, nell'ultima campagna elettorale, quella persa, si scagliò contro l'élite bobo. «Non parlo per i bobo del boulevard Saint-Germain», tuonò, ignorando che il sesto arrondissement di Parigi avrebbe votato più per lui che per Hollande. Chiaro che una candidata criptobobo imbarazza il partito. 

 

Non parliamo poi di Marine Le Pen, che odia riodiata NKM da quando quest'ultima ha scritto un libro contro il Front national, ribattezzandolo «fronte antinazionale». E figuriamoci i bobo. Quando ci furono nello stesso giorno i comizi conclusivi di Sarkò e di Hollande, madame Le Pen si scatenò contro «i bobo venuti dopo il brunch allo spettacolo della Concorde, prima di correre in Velib' a Vincennes per vedere se François ha una cravatta più "cool" di Nicolas. A meno che una seduta di yoga non li obblighi a rinunciare». Per Le Pen, non c'è dubbio: NKM non è solo «una bobo», ma anche «una bobo di gauche», il peggio del peggio. 

 

NKM divide anche a sinistra. Per Daniel Cohn-Bendit, il vecchio «Dany il rosso» del Sessantotto diventato oggi «Dany il verde», che la stima, è una «écolo di destra». Per i socialisti, una «réac», una reazionaria. Per Delanoë, «una conservatrice che non ammette di esserlo». Per Hidalgo, una «che vuole servirsi di Parigi invece di servirla». 

 

E lei? Intanto all'Assemblée nationale si è astenuta sul matrimonio per tutti, perché sa bene che per diventare sindaco di Parigi bisogna essere almeno gay-friendly (Delanoë è gay tout court). E poi nega di essere conservatrice, men che meno «réac». Ma anche di essere bobo: «Spesso quelli che dicono questo e gettano anatemi vivono in pieno centro di Parigi e non hanno mai messo piede in una banlieue come la mia» (verissimo: per il vero bobo, la civiltà finisce alla péripherique di Parigi: fuori, inizia la barbarie).  

 

Sarà. Però, da politica abile qual è, NKM ai bobo strizza l'occhio, nel look, nelle convinzioni ecologiste, negli anatemi contro il Front national e, in generale, nel modo di essere. Il suo è un sottile equilibrismo. Deve negare di essere completamente bobo per non irritare l'elettorato di destra ma dev'essere abbastanza bobo per pescare anche in quello di sinistra. Lasciando nell'incertezza la sua appartenenza alla categoria. Bobo o non bobo? Boh.  

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