domenica 9 settembre 2018

La filosofia è come una Bibbia laica

La filosofia non è utile o inutile, è imprescindibile. È una seconda pelle appiccicata all’individuo e alla società. Invano l’umanità ha cercato di strapparsela di dosso in favore della religione, della scienza oppure, oggi, delle pratiche tecnologiche: qualsiasi scelta che si compie è una scelta dettata da una ragione, ovvero una scelta filosofica. Per predisporre delle leggi, per commentare le notizie, per determinare la propria vita ci si muove da una conoscenza cumulativa delle cose che è la filosofia. La filosofia, intesa come campo ermeneutico e retorico, è ciò che ci guida — consapevolmente o meno — nelle scelte.

La filosofia non è solo conoscenza della natura (aspetto di competenza delle scienze dal XVII secolo), non è solo studio del modo in cui avviene il ragionamento (logica) o conoscenza delle cose ultime, ovvero metafisica, sulla quale grava il pregiudizio di qualcosa di astruso. È anche storia delle idee e azione di critica e selezione di ciò che scegliamo e facciamo; e proprio lo sviluppo contemporaneo delle tecnologie, l’articolarsi delle problematiche politiche, giuridiche, artistiche e teologiche, invece di «mandare in pensione» la filosofia, ha finito per aumentarne la necessità.

La filosofia è un’esigenza che sgorga dalla vita e dalle sue ineludibili domande; non è una disciplina a se stante. Al punto che l’uomo, come non può fare a meno di respirare, non può fare a meno di fare filosofia. È questo l’orientamento che sottende alla pubblicazione della collana Filosofia. Storia, parole, temi, curata da Nicola Abbagnano (1901-1990), Giovanni Fornero, Paolo Rossi (1923-2012), tre grandi storici del pensiero, proposta dal «Corriere della Sera» con Utet. Quest’opera non è un testo estemporaneo, ma frutto di un lavoro sedimentato negli anni (due dei tre autori sono scomparsi). È un «classico» che ha già conseguito un’autorevolezza che va al di là della contingenza (fu recensita con grande approvazione da Eugenio Garin e Norberto Bobbio). Si tratta dell’insieme di tre «monumenti» della cultura filosofica italiana: la Storia della filosofia e il Dizionario di filosofia di Abbagnano e La filosofia diretta da Paolo Rossi. Sono invece una novità le brevi introduzioni pensate per un largo pubblico. Queste si presentano come una fotografia di insieme: essere chiari è un dovere in una società democratica.

Dalle discussioni sulla globalizzazione a quelle sui nuovi diritti; dalle analisi sul rapporto uomo-Dio nelle società secolarizzate a quelle sulle influenze dei media; dalle riflessioni sull’intelligenza artificiale a quelle sui concetti di democrazia, uguaglianza e pluralismo, ogni scelta sulle realtà contemporanee s’incontra o scontra con problemi filosofici.

Anche se non sembra, gli uomini del nostro tempo si interrogano spontaneamente su questioni di natura filosofica attestando un diffuso «bisogno di filosofia». Eppure, anziché ammettere questo portato, sembra che si voglia esaltare il suo contrario: l’incompetenza. L’incompetenza al potere sembra aver sostituito quell’«immaginazione al potere» di moda negli anni Settanta come sistema di lotta alle storture della società. Mentre in quegli anni si trovavano nelle pagine di filosofi come Marcuse, Adorno, Horkheimer le parole d’ordine per combattere il «Sistema» imperialistico e borghese, oggi la battaglia contro il «Sistema» delle élite e della finanza globalista si combatte attraverso il rifiuto delle competenze e, ingenuamente, il superamento della cultura umanistica.

Questo apparente disprezzo per la cultura e gli esperti (rimando al testo di Tom Nichols La conoscenza e i suoi nemici, edito da Luiss University Press) delle forze cosiddette «populiste» è responsabilità delle vecchie élite che, tradendo gli ideali illuministici — quelli di offrire una crescita collettiva attraverso una buona scuola, libri, meritocrazia, libero esercizio critico, istituzioni aperte — hanno chiuso il sistema culturale, impedendo la crescita dei singoli individui. Da qui il rifugiarsi dei giovani in un autistico universo digitale fintamente libero e nell’apprendimento di pratiche tecniche ad obsolescenza immediata. Ma anche l’arrivo di questi «nuovi barbari» è una «rivoluzione filosofica», forse utile per passare a un rinnovato paradigma nel quale ridare posto a una conoscenza aperta, liberata da un incancrenito ancien régime universitario, giornalistico, editoriale...

Per altro, la rivoluzione di questi «nuovi barbari» avviene sotto l’egida di due parole filosofiche: identità e libertà. La filosofia è rivoluzione permanente ed è liberazione dall’ipocrisia, apertura a un dialettico rapporto tra esperti e cittadini.

La filosofia è come una Bibbia laica. Il filosofare si identifica con l’esistenza degli uomini: come voleva Platone, non si può essere uomini senza essere filosofi. Tanto più che «Ogni uomo vive in una cultura, in un certo tipo o forma di civiltà, e partecipa agli usi, ai costumi, alle credenze che la costituiscono. E usi, costumi, credenze, delineano nel loro insieme un atteggiamento di fronte al mondo che a sua volta obbedisce a una visione complessiva del mondo stesso», scriveva Nicola Abbagnano, padre delle storie della filosofia italiane e coautore dei volumi che presentiamo.

«Per queste caratteristiche e per la sua rinnovata capacità di fungere da disciplina in cui si dibattono i grandi temi che riguardano la nostra vita e il nostro sapere — scrive Giovanni Fornero — la filosofia risulta quindi attuale e per molti aspetti inevitabile». Soprattutto in una realtà planetaria problematica e complessa come la nostra, che pone una serie di sfide intellettuali ed esistenziali di inedita portata. Il celebre detto latino primum vivere, deinde philosophari («prima vivere, poi filosofare») è, non a caso, un detto filosofico e testimonia come la filosofia sappia anche collocarsi un passo indietro quando è necessario. Restando, però, sempre lì, accanto.

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