Mi vogliono mangiare le ossa, mi vogliono mangiare le ossa». Letizia ha cinque anni e il suo urlo, quella frase all'apparenza sconclusionata gridata in faccia a padre Paolo, non è il frutto di un'allucinazione.
Essere albina, quella la sua condanna. O la sua colpa se nel mondo in cui sei capitata si idolatrano le superstizioni e alle forze soprannaturali o ai demoni si attribuisce chissà quale importanza nel far girare il cerchio della vita. Gli albini portano male - è il ritornello - ma le loro ossa, sgretolate, sminuzzate, ridotte a sabbia e mescolate in intrugli magici, no. Negli ultimi tre mesi una sua cugina - segnata dalla stessa sorte di essere «diversa» - è stata rapita. Sparita per sempre. La macabra tradizione - coltivata probabilmente da pochi adepti ma assai motivati - vuole che dalle ossa degli albini si estragga chissà quale sostanza, si faccia chissà quale pozione miracolosa. E così gli albini - la cui percentuale fra la popolazione mondiale (e non vi sono sospetti che il Congo sia diverso in questo) è di circa 1 su 20 mila - sono merce rara. E come tale preziosa. La cugina dunque è sparita qualche mese fa. E analogo destino è capitato a una sedicenne sepolta nel cimitero del suo villaggio nella zona di Goma. Ne hanno trafugato la salma, l'hanno portata via per ridurne le ossa rinsecchite in poltiglia.
Letizia è già sfuggita tre volte al rapimento. L'irruzione di alcuni uomini in casa nel villaggio dove abita è stata sventata dalle urla della madre e dall'aiuto dei vicini. Poi la fuga a Nyamilima, nella missione di padre Paolo, caracciolino, ordine dei chierici regolari minori, da oltre 25 anni missionario nel cuore dell'Africa. È a lui che Letizia chiede protezione: «Padiri (padre in lingua swahili, ndr) mi vogliono mangiare le ossa». La madre ha il volto tumefatto, i segni della lotta per strappare la figlia a morte certa.
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