I berlusconiani e i beneficiari del suo sistema di governo non si sentono ancora tanto forti da fare a meno di lui. Soprattutto perché ora lo tengono in pugno. Alzeranno il prezzo del loro sostegno. Un fatto è certo: il governo berlusconiano sopravviverà intensificando la contrattazione con due suoi punti di appoggio indispensabili. Uno interno, la Lega; l'altro esterno, la Chiesa. In un momento in cui il mondo cattolico è turbato e scandalizzato come non mai, in un momento in cui ha la chance di tradurre in politica la sua tanto decantata centralità nella «società civile», la gerarchia ecclesiastica avrà un ruolo oggettivamente ambiguo. Certo, nei prossimi giorni la sua voce si alzerà alta e forte, ma sarà rigorosamente impolitica. Come se le fortissime pressioni esercitate in questi anni sulla legislazione a proposito delle questioni bioetiche o sulla scuola cattolica non fossero politiche. In realtà presso alcuni influenti esponenti della gerarchia c'è la reticente volontà di mantenere in vita il governo «più compiacente verso la Chiesa», a costo di abbandonare alla frustrazione e all'impotenza quella rilevante parte del mondo cattolico che vorrebbe valorizzare in termini politici efficaci il soprassalto morale e civile di questi giorni. Invece il tutto si tradurrà in qualche nuovo favorevole patteggiamento del governo
Il paradosso è che la Chiesa si vanterà di svolgere il suo magistero morale senza interferire nella politica. Ma è una finzione.
Al Nord una Lega nervosa e ricattatrice patteggia, a suon di concessioni fiscali e cedimenti simbolici con un governo debolissimo, per decidere quanta e quale nazione siamo ancora e saremo.
Bossi, che sta giocando la carta più difficile della sua carriera, gli ha detto in faccia di «riposarsi». Ci penserà lui a sistemare le cose, ormai da leader virtualmente nazionale: se il suo progetto federalista vuol avere un futuro, deve fare i conti non solo con il Terzo Polo ma con la stessa sinistra.
Rimane l'enigma Tremonti
Chiesa permettendo, naturalmente
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