Garantire a ogni cittadino la libertà di professare in privato e in pubblico la propria fede è ciò di cui ogni Stato di diritto dovrebbe farsi carico, ma per i cristiani l'eucarestia domenicale è ben di più di un gesto «pubblico»: è l'evento comunitario per eccellenza, è il luogo e il tempo che costituisce come tale una comunità cristiana. Non si tratta di avere uno spazio in cui potersi riunire o manifestare, un luogo e un giorno che potrebbero quindi variare di volta in volta per ragioni di sicurezza, ma di ritrovarsi nel «giorno del Signore» per celebrare la «cena del Signore», per riconoscersi comunità convocata dalla parola di Dio e chiamata a formare un corpo e un'anima sola. Per questo i cristiani, anche minacciati di morte, non rinunciano a ritrovarsi in chiesa come assemblea di credenti, come hanno ribadito i cristiani in Egitto e in Iraq in questi giorni. Non a caso già negli «Atti dei martiri» dei primi secoli troviamo testimonianze limpidissime in questo senso. Durante la persecuzione di Diocleziano (304 d. C.), al proconsole di Abitene - nell'odierna Tunisia - che lo accusava di aver ospitato nella sua casa assemblee domenicali cristiane contro l'editto dell'imperatore, il martire Emerito rispose: «Non potevo proibire loro di entrare in casa, perché senza l'eucaristia domenicale non possiamo esistere».
È su questa consapevolezza del profondo legame tra fede personale ed espressione comunitaria del culto che si radica il cristianesimo: non su identità culturali reali o immaginarie, non su astratte convergenze di idee, ma sul vissuto quotidiano nella comunità dei credenti, sulla trasparenza di una testimonianza di fratellanza e di amore universale.
mercoledì 5 gennaio 2011
Il pane del Signore
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