sabato 8 gennaio 2011

Il paese della paura

Isaac Rosa, giornalista del quotidiano spagnolo Público, ha pubblicato un libro che sembra spiegare bene di cosa si tratti: paura. Il paese della paura è un romanzo che conferma che «la paura è il risultato di un disegno perverso del potere per provocare dipendenza e bisogno di protezione».
È un romanzo che conferma che siamo stati addestrati ad avere paura di una valanga di cose per poter essere più facilmente sottomessi e controllati.
Dovremmo essere coscienti, come insegnava il professor Lars Svendsen nel suo Filosofia della paura, che:
La paura è uno dei fattori di potere più importanti che esistono, e chi può governarla in una società terrà quella società in pugno.
Allora dobbiamo imparare a guardarci dentro per liberarci da questa zavorra, perché noi occidentali viviamo nelle società più sicure che siano mai esistite, dove i pericoli sono ridotti al minimo e le nostre possibilità di dominarli sono al massimo. Eppure è come se fosse esattamente il contrario. Carlos, il paranoico e angosciato protagonista di questo romanzo, ha capito che esiste una sorta di «nevrotica spirale securitaria»: fa aumentare all'infinito la necessità di protezione, perché tutte le soluzioni individuate man mano non fanno che generare altra paura: come quando in casa si passa dalla serratura blindata al nuovo sistema d'allarme, quindi alle grate alle finestre, infine alle telecamere e all'allarme telefonico collegato - chiaramente - alla polizia, e via dicendo. Carlos sa che entrati in quella spirale si finisce per perdere più di ciò che si è guadagnato: tanta fiducia e tanto denaro. La qualità della vita precipita. Così il conto in banca.
Più ancora, Carlos è riuscito a riconoscere l'esistenza di spazi che si configurano, semplicemente, come «luoghi della paura»: sono luoghi in cui non gli è mai successo niente, e niente dovrebbe accadergli. Ma quei luoghi sono stati fonte di ispirazione di tante finzioni creative, nei film o nei romanzi o nei videogiochi: ma la loro molto relativa pericolosità è stata, nel frattempo, ingigantita dai titoli dei giornali. Sono i parcheggi sotterranei, gli alberghi abbandonati, gli uffici chiusi, i sottopassaggi, le cantine: luoghi in cui «la solitudine, l'oscurità, la mancanza di testimoni fanno sì che chiunque possa essere rapinato, aggredito, cacciato, inseguito, colpito, accoltellato, strangolato, spinto sui binari, linciato, violentato, torturato, dissanguato, assassinato». Carlos ha capito che la paura tende a inglobare sempre nuovi territori, col passare del tempo: e che fa grande fatica a ritirarsi da quei territori. Nuovi territori e nuove forme, dunque: la fobia per la burocrazia, per tutti i guasti della macchina amministrativa statale. E così, tutte le volte che Carlos deve avere a che fare con un ufficio municipale, delle imposte o dell'assistenza sociale, «vi si reca con lo sguardo lucido e la voce nervosa di chi ha qualcosa da nascondere», preparandosi a essere sbaragliato.

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